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Sant' Antonio Abate |
Nella tradizione pagana il periodo dell'anno precedente l'arrivo
della primavera era dedicato alla celebrazione di cerimonie a
carattere propiziatorio e purificatorio di animali e campi. Una
serie di rituali di analogo valore iniziarono ad essere
celebrati anche in epoca cristiana e la festa in onore di Sant'Antonio
Abate, il 17 gennaio, ne è una testimonianza. Tra le più attese
nel vecchio mondo contadino, la ricorrenza mantiene tuttora la
sua valenza simbolica in diverse località dei Nisseno, come a
Campofranco, dove pare che un tempo esistesse una chiesa
dedicata al santo, patriarca egiziano dei monachesimo vissuto
all'incirca nel 250 d.C.
Presso la Chiesa Madre dei paese ne è custodita un' antica
statua che in occasione della festa è portata in processione, su
un carro sfarzosamente addobbato, fino a raggiungere un'edicoletta
votiva dinanzi alla quale viene accesso un grande falò. Secondo
la tradizione, l'accensione dei fuochi è da ricollegare al
potere attribuito al santo di guarire dal cosiddetto "fuoco di
Sant'Antonio" (l'herpes zoster).
Suggestiva è senza dubbio la benedizione beneaugurante degli
animali domestici e della Il "pruvenna", i sacchi contenenti
fave, frumento, orzo e altre provviste. Nella vicina Sutera,
Sant'Antonio Abate si celebra la domenica successiva al 17
gennaio. Alla vigilia, per le viuzze del paese, alla luce delle
"vampe", si svolge la processione del palio che si conclude in
piazza Umberto I con, l'accensione dei falò attorno al quale si
riunisce una moltitudine di persone. Fino a qualche anno fa, gli
organizzatori della festa acquistavano un maialino che
lasciavano libero per le strade dei centro suterese affinché
chiunque potesse dargli da mangiare. Nei giorni precedenti la
ricorrenza il maialino veniva venduto e il ricavato speso per
l'organizzazione dei festeggiamenti. |
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Provinciale Turismo di Caltanissetta
Per gentile concessione
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SETTIMANA SANTA
DEI MISTERI |
Una della processioni più spettacolari nella Settimana Santa di
Caltanissetta è quella della Real Maestranza con la
partecipazione di circa quattrocento rappresentanti delle varie
corporazioni di arti e mestieri. Il “capitano” – vestito secondo
la tradizione settecentesca: marsina, feluca con piuma nera
coccarda tricolore, e spadino alla cintura – guida il corteo
facendosi carico del lutto di tutti.
Il giorno successivo, il Giovedì Santo, tocca alle Vare o
Misteri, ovvero degli imponenti carri su cui vengono montati
gruppi scultorei in legno, cartapesta e gesso che raffigurano,
generalmente, un momento della Via Crucis oppure dipinti famosi.
Il Venerdì Santo è la volta del Cristo Nero, un crocifisso di
legno
nero ritrovato, nel 1625, in una grotta, portato a spalla dai “fogliamari”,
cioè i raccoglitori di verdure, che intonano nenie funebri.
La Settimana Santa nissena segue un cerimoniale che risale a
oltre due secoli fa, con il suo carico di riti e usanze, fede e
credenze pagane.
E di pathos.
Centro storico • Pasqua |
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Sicilia
Un anno di eventi e manifestazioni
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San Giuseppe |
Per i siciliani San Giuseppe è il santo patrono per eccellenza
della famiglia nonché "avvocato delle cause impossibili". Oltre
ad aprire il ciclo delle feste primaverili, in Sicilia la
ricorrenza si caratterizza per una serie di manifestazioni
rituali pubbliche e private di grande coinvolgimento popolare,
non si potrebbero definire diversamente le preparazioni di
meravigliosi altari e soprattutto di banchetti votivi in suo
onore: " li tavulati di li vicchiareddi" o 'di li povireddi".
Una delle celebrazioni più belle e suggestive è quella che si
svolge a Gela. Diversi giorni prima della festa, numerose
famiglie si dedicano all'allestimento di straordinari "altari"
sui quali sono sistemate statuine e immagini dei Patriarca e
della Sacra Famiglia. Gli altari sono decorati con ori, ricami,
ramoscelli di alloro, mirto, arance e pani votivi, quest'ultimi
lavorati con tale maestria da sembrare "scolpiti".
I "pani" hanno un importante significato sacrale intimamente
legato agli ancestrali simbolismi della natura che si rinnova.
Stessa grande preparazione richiedono "li tavulati", in questo
caso la scelta delle pietanze ha un preciso significato dato che
esse prevedono l'impiego soprattutto di verdure e frutti legati
all'arrivo della primavera, anche se poi ogni centro segue una
sua precisa tradizione.
A Milena, San Giuseppe è festeggiato con grande solennità poiché
il santo è il patrono del paese. Qui, sulle lunghe tavole
allestite vengono disposti minestroni e frittate di verdure
polpette, pani dalle varie forme sfinci, pignolata, cannoli e
arance.
A conclusione dei pranzo «vicchiariddi», che rappresentano
personaggi della Sacra Famiglia ricevono la tradizionale "truscia'
contenente pane, arance, dolci e quant'altro. Nel pomeriggio ha
luogo la solenne processione del simulacro.
A Mussomeli la festa, organizzata dalla congregazione dei
falegnami, si realizza con la preparazione delle "tavulate di li
vicchiareddi" sulle quali tradizionalmente trovano posto: pasta
con finocchi selvatici, cardi panati, frittate di fave e
asparagi, i pani votivi chiamati "cuddure" e poi ancora tanti
dolci della tradizione siciliana.
A Butera, alla preparazione dei banchetti votivi si
unisce la rappresentazione della "Sacra Famiglia", così come
avviene pure a Bompensiere. Nel piccolissimo centro dei Nisseno
la festa vive il suo momento più importante quando tre
figuranti, nelle vesti di San Giuseppe, della Madonna e di Gesù,
dopo aver percorso le strade dei paese raggiungono la piazza
principale dove è allestita la "tavulata", sulla quale sono
posti numerosi pani la cui forma richiama simboli religiosi.
I pani vengono distribuiti ai fedeli e quindi ha inizio la
processione. Il banchetto votivo a Sommatino prende il
nome di "tavula sbampata" e accanto ad esso ogni anno si rinnova
il tradizionale appuntamento detto dei "Tuppi tuppi",
(traduzione dall'onomatopeico toc-toc), ovvero la
rappresentazione in lingua siciliana della "Fuga in Egitto".
Tale usanza, risalente alla fine dell'Ottocento, si ripete due
volte l'anno: il 19 marzo e all'inizio di agosto. La
rappresentazione ha per scenario l'antico centro storico dei
paese addobbato a festa e si avvale di una corale partecipazione
popolare.
A Niscemi Ia festa in onore di San Giuseppe si
arricchisce dei particolare rito dell'accensione dei falò: i
Iuminari di lu focu santu", accesi per ricordare l'arrivo della
luce primaverile dopo il buio dell'inverno. La legna viene
accatastata ai crocicchi delle strade, nei pressi degli altari e
degli "avutari", le tavole riccamente imbandite e offerte ai
poveri. Infine, a Resuttano, San Giuseppe, è festeggiato
con grande solennità.
La processione è accompagnata attraverso la "via dei Santi" dai
confratelli con il caratteristico saio, mentre le "tavulate"
preparate dai devoti prendono il nome di "virgini", perché
l'usanza vuole che ad esse siedano i "virginiddi: dodici bambini
che stanno a rappresentare gli Apostoli.
Convertito dal paganesimo alla religione cristiana, San Biagio,
eletto vescovo a Sebaste, città dell'Armenia, venne condannato
al supplizio durante le persecuzioni di Licinio. Racconta la
leggenda che proprio mentre lo conducevano sul luogo dei
martirio, il santo avrebbe compiuto il miracolo di salvare un
bimbo che stava soffocando a causa di una lisca di pesce. Per
tale ragione, San Biagio è considerato protettore della "gola".
Celebrata in tutta l'isola, la sua festa, il 3 febbraio, è
caratterizzata da una serie di riti dedicati proprio alla
benedizione della "gola". L'usanza si mantiene ancora viva in
diversi centri: Acquaviva PIatani, Sutera, Montedoro,
Bompensiere, Campofranco.
Per l' occasione si preparano tipici pani votivi: " i cuddureddi"
ai quali un tempo era attribuito il "potere" di proteggere dalle
malattie della gola.
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Santa Lucia |
Un'antica tradizione
siciliana vuole che il 13 dicembre non si mangino né pasta né
pane quanto piuttosto riso e piatti di grano bollito e salato o
altrimenti -condito con zucchero o miele: "la cuccia'. Tipica
pietanza da consumare nel giorno dedicato alla festa di Santa
Lucia, la sua preparazione si ricollega, secondo il racconto,
all'intervento miracoloso con il quale la santa siracusana salvò
la Sicilia, da una terribile carestia.
Accadde agli inizi dei XVIII secolo, nell'isola non c'era più un
chicco di frumento e la popolazione allo stremo rivolse le sue
suppliche disperate alla santa siracusana. Le preghiere non
rimasero inascoltate e avvenne il miracolo: una flotta di navi
cariche di frumento e, dirette verso altra rotta approdarono
sulle coste siciliane.
La festa di Santa Lucia in provincia di Caltanissetta viene
celebrata con grande e sentita partecipazione a Campofranco,
Sutera, Mussomeli e Montedoro. Oltre alla distribuzione della "callara
di cuccia", è uso accatastare lungo le strade la legna per
l'accensione delle "vampe".
A Niscemi, per ricordare che la santa è considerata protettrice
della vista, si preparano dei piccoli impasti di farina e
zucchero cui viene data la forma degli occhi: "i cuddureddi".
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