Capitale del barocco,
Noto fu fondata nel 1703 sul colle di Meti dopo che
l’Iliade funesta del terremoto del 1693 aveva raso al
suolo la millenaria città che portava lo stesso nome. Fu
città "Capovalle" sino al 1817, quando perse questa
prerogativa (che le era stata attribuita ai tempi della
dominazione araba) a vantaggio di Siracusa, per tornare
capoluogo dal 1836 sino al 1865 grazie ai Borboni. Nel ’66
con la soppressione delle corporazioni religiose,
fortemente legate al tessuto economico e sociale della
città, Noto subì un vero e proprio processo di involuzione
politico-economica. Oggi conta quasi 22 mila abitanti, e
lotta per mantenere vivo il suo "giardino di pietra", come
lo ha definito Cesare Brandi: il suo immenso patrimonio
barocco.
Noto, negli anni della ricostruzione, fu riedificata
stupendamente grazie al lavoro di un gruppo di grandi
architetti: Gagliardi, Labisi e Sinatra. Che, nella
scommessa di fare risorgere una città che era stata grande
ma che il terremoto aveva cancellato, riuscirono
nell’opera di coniugare lusso con necessità di risparmiare
le esili risorse disponibili dopo il disastro; la
sostanziale anarchia del barocco col rigore di una
planimetria a scacchiera, giocando con i dislivelli, con
le prospettive, fatte di rampe di scale, di pendenze, di
vuoti e di pieni. Protagonisti di questa grande opera
d’ingegno collettivo gli scalpellini, i capimastri, che
diventavano loro stessi architetti e progettisti di questa
grande opera d’arte. Una città che è dichiarata
"patrimonio dell’umanità" dall’Unesco e "capitale del
barocco" dal Consiglio d’Europa.
|