Il territorio di Mineo è uno
dei più ricchi comprensori archeologici della Provincia,
conserva infatti resti che vanno dal Paleolitico al
Medioevo. Celebre per il famosissimo santuario legato al
culto dei Palici, divinità sotterranee preelleniche, fu
città sicula nell'VIII secolo a. C., identificata con
l'antica Menai, patria del capo siculo Ducezio, che la
fortificò intorno al V secolo a. C.
Durante il periodo greco vi fu costruito un tempio
dedicato al Dio Sole, dove, sembra, sia stata in seguito
edificata la chiesa di S. Maria Maggiore. Nel periodo
romano a Mineo, importante centro produttore di grano,
vennero portate da Roma le spoglie della vergine e martire
S. Agrippina, patrona della città. Nell'828, conquistata
dagli arabi, cambiò il suo nome da Menae in Qualat Minam.
Gli arabi introdussero a Mineo la coltura degli "agrumi" e
arricchirono la zona collinare, che circonda il paese, con
vigne, ulivi e peri, introducendo la "zenia", recipiente
naturale di raccolta d'acqua, ancora esistente come
riserva per gli agrumeti. Durante il periodo normanno fu
ricostruito il castello (castello Ducezio) che, secondo
gli storici, era formato da dodici torri merlate, disposte
intorno a un triplice atrio, con la torre maestra al
centro. Con Fedrico II di Svevia, che lo fece restaurare e
abbellire da architetti francesi, il castello divenne uno
dei più belli dell'isola. Sotto la dominazione Angioina,
la città di Mineo patì ingiustizie e mal governo, ai quali
si ribellò partecipando alla rivolta dei Vespri Siciliani
del 1282. Animatore di queste rivolte fu Adinolfo,
coraggioso personaggio a cui il paese ha voluto dedicare
la porta omonima (Porta Adinolfo). Nei secoli XVI e XVII
Mineo vide fiorire arte e cultura, divenendo centro di
studi al quale diedero valido contributo le comunità
religiose (14 monasteri e conventi e 48 chiese).
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