Testimonianze archeologiche
dimostrano la presenza umana nel territorio a partire dal
neolitico, ma nulla si conosce sugli insediamenti
antecedenti il 1482, anno in cui una colonia di profughi
albanesi si insediò nella zona denominata "Callicari" o
"Poggio Rosso". In pochi anni la colonia crebbe, grazie
alle condizioni di privilegio concesse dal feudatario
Moncada. Questo rapporto di privilegio, fu una delle cause
della scomparsa e della decadenza della componente
albanese a Biancavilla. Fu anche la posizione geografica
nonchè la lontananza rispetto agli altri profughi albanesi
a far prevalere la componente locale rispetto a quella
greco-albanese nella città. Fu sempre compreso nel feudo
di Adernò e nel XVI secolo è citato col nome di Casale dei
Greci. Nel corso del Seicento e del Settecento si forma
una borghesia sufficientemente agiata, ma anche un forte
bracciantato e un ceto contadino che si caratterizza per
la forte politicizzazione, che sfociò nelle rivolte del
1848 e del 1860 per la questione delle terre demaniali. Il
"Casino dei Civili" (oggi Circolo Castriota) fu simbolo
contro cui si rivolse la rabbia popolare; le stesse
caratteristiche ebbe la rivolta della "paglia" nel 1923.
Nell'immediato dopoguerra si assistette ad un singolare
avvenimento ricordato come "lo sciopero al contrario": ai
contadini era stato intimato di lasciare alcune terre di
proprietà del demanio, ma senza quelle terre tanta gente
sarebbe stata costretta alla povertà; cosicchè i contadini
occuparono anche le terre fino ad allora lasciate libere,
presidiandole con turni di lavoro anche notturni. Dopo
qualche mese lo Stato, con decreto, lasciò quelle terre ai
biancavillesi.
Oggi Biancavilla è un importante centro di produzione e
commercio di mandorle, uva, agrumi, mele ortaggi e fichi
d'India. Estesi sono i boschi ed i pascoli permanenti.
Aziende artigiane operano nei settori alimentari, del
vestiario, del mobilio, dei materiali da costruzione.
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