Storia. La terra di San
Cataldo era anticamente chiamata Casale Chaliruni (termine
greco che significa "Scorro bellamente" per la presenza
del vicino fiume Salito che l’attraversava).
Fin da tempo antichissimo questo territorio rientrava
nella comarca di Calascibetta. successivamente aggregato
alla provincia e alla diocesi di Girgenti.
Dopo che i normanni cacciarono gli arabi il feudo divenne
proprietà dei Barresi.
Nell’anno 1300, in seguito alla ribellione di Giovanni
Barresi. questo casale fu devoluto alla corte e da
Federico III re di Trinacria, con R.D. emesso in
Castrogiovanni il 9 agosto 1300 fu concesso a Bernardo de
Siniscalco.
In seguito, il casale assunse la denominazione di Baronia
di Fiume salato dal fiume omonimo. baronia che venne
suddivisa in nove feudi (Pirato. Barboraso, Marcato
Vallone. Mustigarufi. Palo. Ciuccafa, Caliruni oggi
Quartaruni, Dragaito. Mandra di Mezzo) e nove terre comuni
(Liquatri, Beata. Achille Caruso, Morillo, Sirocco,
Vassallaggi, Santuzza. Mariggi, Antonino Pignato).
Essa subì diversi passaggi e, alla fine. ne fu investito,
il 5 luglio 1496, Antonio Salomone il quale la donò alla
figlia Violanta de Jaen e Salomone che la portò in dote al
marito Nicolò Lancellotto Galletti per atto del 24 aprile
1549.
Sulle rovine dell’antico Casale di Caliruni sorse il
Comune di San Cataldo all’inizio del sec. XVII. Il 18
luglio 1607 Nicolò Galletti chiese a Filippo Il. re di
Sicilia, il "Jus populandi et aedificandi dictam Baroniam
olim nominatam Casale Caliruni, in quo sunt et apparent
fabricatae multe domus et in eis habitationem habere...".
Il permesso fu accordato "sub conditione" dal viceré cap.
generale Marquez. il quale si impegnava di fare ottenere,
entro due anni, ai Galletti il consenso del Re che, però.
non giunse entro il termine fissato, giacché la conferma
la ottenne, dopo ulteriore richiesta il figlio di Nicolò.
Vincenzo, nel 1621 da Filippo III.
Nella "licentia aedificandi Baroniam fluminis Salsi in
personam Nicolai Galletti" viene tra l’altro espressamente
dichiarato: "quam volumus appellare Santo Cataldo. Il
sovrano nel disporre l’assegnazione del nome "Santo
Cataldo" al nascente comune dovette tener presente il
suggerimento del vescovo di Agrigento. Noi aggiungiamo che
occorre tener presente due dati che non furono
sufficientemente approfonditi dai due storiografi locali
avv. Giuseppe Amico-Medico e prof. Cataldo Urso non per
pigrizia, ma per la caotica situazione degli archivi
istituzionali:
A- dalla fondazione del Comune sino al 1817 San Cataldo
fece parte della provincia di Girgenti; b) dalla
fondazione del Comune sino al 1844/45 la locale comunità
ecclesiastica dipendeva dalla diocesi di Girgenti e ciò in
seguito alla istituzione avvenuta nel 1093 di detta
diocesi per diploma del Gran Conte Ruggero il quale nominò
vescovo San Gerlando e la dotò delle decime di un vasto
territorio che si estendeva sino al fiume Salsa e della
proprietà di un terreno citato nel predetto diploma col
nome di "Cathal" che sorgeva in località "citra Salsum>_;
da ciò nasce l’ipotesi tutt’ altro che infondata che il
nome di San Cataldo si riferisca alla proprietà della
diocesi pervenuta attraverso vari passaggi agli stessi
Barresi.
Tale nome fu dato al paese in onore del santo vescovo di
Taranto di origine irlandese, come di origine irlandese
era Santa Fara. È sintomatica il fatto che ove esiste il
culto di San Cataldo si pratica il culto di Santa Fara,
prima superiora di un’abazia fondata da San Colombano,
compagno di San Gallo, irlandesi anch’essi.
Ottenuta la conferma di popolare la baronia (1621),
Vincenzo Galletti, con l’atto del 28 giugno 1621,
confermato in data 6 settembre dello stesso anno,
comperava da "potere della Regia Corte", per 600 onze, il
"mero e misto impero" nella baronia di Fiume salato e
sulla terra di San Cataldo e, in seguito, per concessione
del 6 ottobre 1627, otteneva il titolo di Marchese di San
Cataldo.
Più tardi il nipote, anche lui di nome Vincenzo, veniva
insignito del titolo di "Principe di Fiume salato" nel
1672.
Con l’inizio del secolo XIX e precisamente con la caduta
del feudalesimo il Comune entra in un periodo di
transizione che finisce con l’emanciparsi quasi
completamente dal sistema feudale (Costituzione 1812).
Nel 1818, per legge dell’anno precedente, il Comune di San
Cataldo prese a far parte della Provincia e Distretto di
Caltanissetta. Successivamente venne assegnato alla
Diocesi qui eretta (1844/45) Con la caduta di Napoleone.
Ferdinando di Borbone potè riavere Napoli, togliendo alla
Sicilia le istituzioni liberali che aveva accordato con la
Costituzione del 1812, rendendola schiava di Napoli.
I siciliani mal sopportavano questa fusione dei due regni
di Napoli e Sicilia. sanzionata con legge del Regno delle
due Sicilie l’8 dicembre 1816. Il 2 luglio 1820 i
Carbonari napoletani insorsero, costringendo il Re a
ripristinare la Costituzione.
La rivoluzione di Napoli incitò alla rivolta il popolo di
Palermo al quale si unì quello di San Cataldo stanco di
sopportare i soprusi e le angherie da parte delle autorità
borboniche. Gli abitanti di Caltanissetta invece, per
dimostrazione di fedeltà ai Borboni e per non perdere i
privilegi ottenuti, non aderirono ai moti popolari. La
Giunta rivoluzionaria di Palermo istitui sette guerriglie
dirette ai capoluoghi delle provincie per ottenere la loro
adesione ai moti popolari. A capo della guerriglia
composta da 800 uomini di estrazione sociale eterogenea.
reclutati a Bagheria. Villalba e pochi a San Cataldo e
destinata a Caltanissetta, fu nominato il principe
Salvatore Galletti. il quale pose il suo quartiere
generale a San Cataldo, presso il convento dei Cappuccini.
Giunto a San Cataldo, il Galletti. con lettera del 2
agosto 1820. invitò il Gallego, intendente di
Caltanissetta, ad aderire alla rivoluzione e a declinare
ogni impresa contraria al governo provvisorio della
libertà nazionale, impegnandosi a mantenere integro il
capoluogo di provincia. Ma ogni sforzo risultò vano,
perché il Galletti fu considerato come nemico e, invece di
venire a trattative con lui, gli si dichiararono ostili.
Il principe, in seguito a ciò, intimò la resa formale alla
città, alla quale i nisseni risposero con le armi,
occupando monte Babaurra e tentando di uccidere il
principe per portarne in trionfo la testa. Non riuscendo
nel loro intento, uccisero proditoriamente un cittadino
(tale Cipolla, gonfaloniere del Principe) e incendiarono
il palazzo Galletti.
L’indomani. 11 agosto, i cittadini di San Cataldo e la
guerriglia attaccarono monte Babaurra e riuscirono, dopo
una lotta accanita e disperata, a riconquistare la
posizione costringendo i nisseni alla fuga. Questi,
abbandonati dal Gallego che era fuggito con i soldati
napoletani del presidio, prevedendo le conseguenze di una
grave sconfitta, mandarono a San Cataldo, la mattina del
13 agosto, il frate domenicano Anzalone, quale
ambasciatore di pace. Mentre le trattative erano in corso,
un nucleo di 400 nisseni assali l’avanguardia del monte
Babaurra. Il Galletti inviò le sue truppe agli ordini del
maggiore Palmieri e del tenente colonnello Orlando i
quali, dopo aver ripreso la posizione perduta, marciarono
su Caltanissetta occupando le alture del monte San
Giuliano, della collina di S. Flavia e del monte Tre
Croci.
Alle ore 22 si iniziò il bombardamento della città.
Non trovando alcuna resistenza, le guerriglie, inferocite
per il tradimento, commisero azioni violente. disonorando
cosi il merito della vittoria. Una tradizione molto
attendibile, ci riferisce che il popolo di San Cataldo non
partecipò a quegli eccessi ma, appena fu presa la città
dalle truppe, si ritirò nel proprio paese, soddisfatto di
una cosa sola, di aver cioè imposto la volontà del governo
rivoluzionario ad una città che si mostrava ribelle alla
causa nazionale.
Le rappresaglie nissene però, non tardarono: per cinque
sabati consecutivi (rimasti nel ricordo dei sancataldesi
come i sabati dell’irruenza), protette dalla compiacente
inazione dell’intendente borbonico reinsediatosi nel
capoluogo, orde facinorose e vandaliche calavano nella
nostra città e si abbandonavano ad ogni eccesso di
violenza e di atrocità, sfogando sui miti sancataldesi i
gravi torti subiti da parte di quel nucleo di criminali
che avevano fatto parte della guerriglia del Galletti.
Dopo queste cinque incursioni, le autorità civili di
Caltanissetta e di San Cataldo, in un incontro avvenuto
presso il convento dei Cappuccini. posero fine alle
ostilità, ripristinando i rapporti tradizionali di
cordialità che per secoli erano esistiti fra le due
Comunità.
Il 29 gennaio 1848 il Comitato comunale di liberazione di
San Cataldo inviò al Comitato Nazionale di Palermo un
entusiastico indirizzo di adesione alla rivoluzione
scoppiata il 12 gennaio 1848. Più tardi, anche il comitato
centrale di difesa per la valle di Caltanissetta, aderì al
movimento di riscossa nazionale dichiarando, tra l’altro,
testualmente: "Tardava alla popolazione di Caltanissetta
l’occasione di poter lavare una macchia che, 28 anni or
sono, procurò stampare sul suo nome onorato la sola
volontà degli impiegati del governo, numerosi ed importati
allora dalla recente organizzazione provinciale. Essa la
coglie nel 1848 e si pronunzia caldamente come già nel
1812 per la Patria, per la Libertà, per la Santa Causa
Siciliana". Verso la metà del 1860 tredici sancataldesi
guidati dall’eroico capitano Francesco Lunetta andarono ad
ingrossare le file dei picciotti garibaldini che avevano
già risposto all’appello dell’eroe. L’8 agosto 1862
Garibaldi insieme a Fra’ Pantaleo e Alessandro Dumas
(padre) furono ospitati dal barone Alù nel suo palazzo
sito in via Garibaldi, oggi di proprietà della Compagnia
di S. Angela Merici.
Con il R.D. 18 settembre 1865 il Comune di San Cataldo
venne elevato al rango di Città in riconoscimento delle
sue benemerenze contro l’oppressione borbonica.
Il 28 luglio 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia
per l’assassinio dell’erede al trono austriaco Francesco
Ferdinando avvenuto il 28 giugno 1914, per mano di un
terrorista serbo. Questo atto mise in movimento il tragico
meccanismo delle alleanze militari: accanto all’Austria
entrarono in campo la Germania, la Bulgaria e la Turchia;
mentre con la Serbia si schierarono la Russia, la Francia,
l’Inghilterra, Montenegro, il Belgio e il Giappone. Più
tardi (24-5-1915) l'Italia si schiera a favore di quest’ultima
alleanza.
San Cataldo rispose generosamente all’appello del Governo
Nazionale. Accorsero entusiasticamente i giovani di prima
leva e i richiamati per i servizi ausiliari.
Era convinzione generale che il conflitto si sarebbe
risolto entro il Natale di quell’anno, ma purtroppo esso
si estese con l’intervento di altre potenze (America e
Romania) e divenne un vero massacro perché si combatteva
da due opposte trincee distanti talvolta pochi metri l’una
dall’altra e, quando il Comando impartiva l’ordine
dell’assalto, si combatteva selvaggiamente corpo a corpo.
In quei 41 mesi di guerra i nostri con cittadini si
comportarono da autentici patrioti. I caduti furono 280.
numerosi i feriti molti dei quali rimasero invalidi. Il
monumento eretto nel 1925. inaugurato alla presenza del
Duca di Pistoia e di molti Parlamentari e di autorità
civili e religiose, era un doveroso omaggio non solo ai
caduti della grande guerra mondiale, ma anche ai caduti di
tutte le guerre anteriori e a quelle che fatalmente si
verificarono nel secondo venticinquennio del secolo; fra
queste ricordiamo la guerra di Spagna (1938). quella per
la conquista dell’Albania (194t)) e il secondo conflitto
mondiale che scoppiò il 3 settembre 1939 e che per
l’Italia meridionale si concluse con l’armistizio dell’8
settembre 1943. mentre nel resto dell’Italia continuò fino
al 1945.
Archeologia. A 4 Km. a Nord di San Cataldo. in contrada
Vassallaggi. sono i resti di un’antica città. Posta sulla
grande via che univa Agrigento a Enna, essa sorse in età
protostorica quale centro indigeno.
I primi abitanti di Vassallaggi sono da ritenersi Sicani
della prima età del bronzo caratterizzata dalla ceramica
rossa a motivi geometrici e dalle tombe "a forno
Con l’arrivo dei Siculi, popolo di origine indoeuropea, le
colline di Vassallaggi furono abbandonate. Tracce di vita
si ritrovano ancora nell’età del ferro: sono stati
rinvenuti infatti strati con ceramica dipinta "a flabelli"
e un modellino di capanna in terracotta di quel periodo.
Nei secoli VI e V a. C. avvenne l’ellenizzazione di gran
parte della Sicilia. compreso il territorio di
Vassallaggi. Ebbe notevole sviluppo edilizio nella seconda
metà del sec. V a. C. quando rinnovò la sua cerchia
muraria e trasformò totalmente l’assetto urbanistico. È
questo regolare. con vie ortogonali e con abitazioni di
tipo greco comprese tra "insulae".
A questo periodo risale la ricca necropoli con tombe a
fosse di tipo greco corredate da crateri a figure rosse,
strigili di bronzo, coltelli chirurgici, lance di ferro e
boccettine di profumo in un solo caso di pasta vitrea, ora
custodite nella sala dedicata a Vassallaggi nel Museo di
Agrigento e di Gela.
Da riportare a questo periodo è pure un bel sarcofago in
ceramica bianca con pareti sottili, sagomature al labbro e
al piede, delle dimensioni di m. 2.102 di lunghezza, m.
0,68 di larghezza e m. 0,63 di altezza.
Il coperchio a pioventi è munito agli angoli e ai vertici
di acroteri.
Le sagome molto sobrie erano ravvivate da decorazioni a
tempera. Sulla cornice del timpano si vedono palmette
rosse con gambi azzurri.
Si tratta di un monumento nuovo, non per la forma ma per
le decorazioni.
Questo bel sarcofago è stato rinvenuto dai fratelli
Salomone e acquistato dal Museo di Siracusa. Intorno al
320 a. C. le colline di Vassallaggi furono nuovamente
abbandonate per essere ripopolate soltanto nel V sec. d.
C. da una comunità cristiana. Di quest’ultimo periodo sono
infatti le tombe ricavate nelle grotte preistoriche.
La Chiesa Madre fu fondata nel 1633 sul punto più alto del
colle che stava di fronte al quartiere più popolato del
paese e prospiciente alla via San Nicolò. oggi piazza
Madrice. In origine la chiesa fu dedicata alla Natività di
Maria Santissima. Verso la fine di quel secolo cominciò a
dar segni di lesione per il movimento franoso del terreno
sul quale sorgeva. Diventata insufficiente ai bisogni
dell’accresciuta popolazione, il marchese Giuseppe
Galletti. nel 1727 ne disponeva l’allargamento. Il
progetto pare che si possa attribuire all’architetto
Giovan Battista Vaccarini. La facciata di tipo
borrominiano presenta due ordini di colonne, col prospetto
a lesene accoppiate e vivace coronamento a balaustra.
Due ordini di colonne dividono il Tempio in tre navate, a
forma di croce. con una bella cupola nel mezzo. Il suolo
del Cappellone si eleva sopra scalini con balaustrata
marmorea, e sopra altri scalini s’innalza il Sommo Altare.
Lateralmente al Cappellone sorgono due cappelle chiuse con
balaustrate marmoree e portine di bronzo a bassorilievo;
quella a sinistra per il Divinissimo. e quella a destra
per il Patrono San Cataldo. L’organo della Chiesa Madre è
opera del celebre artista Michele Andronico da Palermo,
del 1745. La facciata del Tempio di pietra da taglio viene
decorata da un maestoso campanile che conserva la stessa
architettura toscana, con sei campane di bronzo. Il Tempio
fu riconsacrato con grande solennità il 9 maggio 1739 da
mons. Pietro Galletti, arcivescovo di Catania e dedicato
all’ Immacolata Concezione.
Le opere di rilievo custodite nella Chiesa Madre sono: un
Crocifisso di avorio in unico pezzo al centro di una
custodia di scultura romana; un simulacro della Vergine
Immacolata, di scultura romana, e la Sua corona gemmata.
dono della principessa Perna Gravina, moglie del principe
Giuseppe Galletti; il corpo di San Clemente; la statua di
San Cataldo in’ scultura romana con finimenti d’argento e
una crocetta d’oro gemmata, dono di mons. Luigi
Giamporcaro, vescovo di Lacedonia e Monopoli: la statua
dell’Arcangelo Gabriele in scultura romana; il quadro del
SS. Cuore di Gesù, copia pregevole del pittore
concittadino C. Riggi; il quadro della Natività di Nostra
Signora. pittura di Carmelo Riggi. sull’Altare Maggiore:
il quadro di San Gregorio Magno: il quadro del pentimento
di San Pietro. dono del can. Cataldo Guarino: la grande
sfera d’argento gemmata con altri preziosi arredi: la
portantina dorata con quattro fìnissime pitture laterali;
la statua di Maria SS. Annunziata, opera del Cardella di
Agrigento.
L’Oratorio del SS. Sacramento fu fondato da don Ignazio
Amico nell’anno 1654 attaccato alla Chiesa Madre. Nello
stesso anno fu fondata in esso la confraternita del SS.
Sacramento. In questa chiesa si conservano: la statua del
Bambino, opera del Bagnasco; il simulacro del SS.
Crocifisso usato per la processione del venerdì santo:
un’antichissima via Crueis.
La Chiesa dei Padri Mercedari sorse nel 1607 sulle rovine
del vecchio Oratorio della congregazione di Sant’Adriano
su iniziativa di Nicolò Galletti. barone di Fiumesalato.
Fu affidato per un biennio ai padri Agostiniani scalzi,
che nel 1676 furono sostituiti dai padri Mercedari scalzi
i quali si obbligavano all’educazione dei fanciulli e
all’assistenza della comunità ecclesiale.
La Chiesa del Patriarca San.Giuseppe sorse sulle rovine
dell’Oratorio di San Francesco ad opera dell’arciprete
Baldassare Amico nel 1708 e ricostruita nel XIX secolo.
Accanto alla chiesa di San Giuseppe sorge l’oratorio ove
si riunivano gli iscritti alla confraternita dello stesso
santo.
La Chiesa del Rosario, fondata nel 1702 dal signor Angelo
Amico, fu consacrata nel 1767. L’anno seguente fu
istituita la confraternita del Salterio del SS. Rosario.
Verso la metà del secolo XIX fu ricostruita dai signori
Luigi Baglio. Emanuele Valenti e Giovanni Torregrossa.
barone di Pirato. Consta di un’unica navata e guarda verso
Ovest. Per la sua posizione. al centro dell’abitato, è una
delle più importanti del paese. Le opere di rilievo
custodite in essa sono: la statua di San Francesco di
Paola, opera del Bagnasco; la statua di Maria SS. del
Rosario, opera del Cardella di Agrigento; il quadro di
santa Maria Maddalena penitente, opera del sancataldese
Carmelo Riggi; un Ostensorio in argento dorato:
un’artistica Via Crucis; un calice d’argento lavorato a
cesello.
Il Convento dei Cappuccini fu fondato nel 1724 per opera
del principe Giuseppe Galletti e De Gregorio e dalla
moglie principessa Perna Gravina. Esso fu consacrato il 7
luglio 1738 da mons. Pietro Galletti. trovatosi a San
Cataldo per l’inaugurazione della nuova chiesa Madre e
della chiesa di San Giuseppe. Il Convento dei Cappuccini
di San Cataldo si distingueva dagli altri esistenti in
Sicilia, oltre che per le opere d’arte che corredavano la
cappella. per la ricchissima biblioteca completa di opere
teologiche. filosofiche, storiche e scientifiche, fra le
quali molti manoscritti e incunaboli. Nel 1866, in seguito
alla soppressione degli ordini religiosi, la biblioteca
divenne di proprietà del Comune il quale. su richiesta dei
canonici Cataldo Pagano e Gaetano Naro, l’affidò alla
chiesa Madre (1898), della quale era arciprete il can.
dott. Arcangelo Salomone.
La Chiesa di Santo Stefano fu fondata nel 1725 dal sig.
Francesco Amico e dedicata a San Filippo Neri. Rimase
senza consacrazione fino al 1793. La chiesetta, divenuta
piccola, fu ingrandita con i fondi raccolti dal sacerdote
Milazzo. La nuova chiesa fu ultimata nel 1795, ma rimase
senza decorazioni che furono realizzate dal fratello di
don Stefano Riggi, Cataldo, il quale chiese ed ottenne la
consacrazione il 30 ottobre 1826. In seguito la chiesa fu
ulteriormente ingrandita e dedicata a Santo Stefano e a
San Filippo Neri. Nel 1817 don Gaetano Riggi fece erigere
una cappella che dedicò a Maria Addolorata. Nel 1845 don
Rosario Pirrelli fece erigere un’altra cappella dove
collocò il SS. Crocifisso che si chiamò Crocifisso dei
Pirrelli. In questa chiesa si conservano: il quadro del
Sacro Cuore di Gesù del pittore sancataldese Carmelo Riggi;
la statua di San Filippo Neri opera del Bagnasco; la
statua dell’Addolorata del Bagnasco; la statua di Maria
Ausiliatrice; la statua di Maria SS. della Misericordia;
il SS. Crocifisso dei Pirrelli.
Palazzo-Castello Galletti. Sul primo castello dei baroni
Galletti nulla di preciso si conosce, tranne un accenno
nell’opera del Mugnos, di cui riportiamo le testuali
parole: "Nicolò Galletti nel partirsi da Pisa, attaccò nel
suo palagio un gallo spennato con questo motto di sotto:
chi non farà come fo’ io, sarà spennato come il gallo mio.
Nacque da lui Lancellotto che sposò Vilolanta de Jaen, la
quale gli recò in dote il castello e la baronia di
Fiumesalato". Di questo castello sito in una collinetta
denominata sino a poco tempo fa "quartiere Forca",
rimaneva nel 1836 "un pian terreno ad uso di baglio, un
appartamento di nove stanze fatte in rustico, e coperte da
dammusi, e tegole con tre finestre ed un balcone, avente
nella entrada grande tre officine, che servono attualmente
per uso di carceri di detto Comune. Più due botteghe
aggregate a detto Palazzo, una stanza terrana per uso di
Bigliardo, e altre parti diroccate, ed inabitabili". Agli
inizi del secolo XVIII il principe Giuseppe Galletti e De
Gregorio iniziava nel Piano del Palazzo (oggi Piazza
Crispi) la costruzione di un secondo palazzo-castello, con
una pianta ottagonale; purtroppo la costruzione restò
nella fase iniziale per la morte del principe avvenuta il
7 novembre 1751.
I lavori non furono continuati dagli eredi. Il pronipote
Nicolò Galletti e Platamone, riprendendo l’idea della
costruzione di un nuovo-palazzo castello, attratto dalla
bellezza di uno spuntone di roccia che si affacciava sullo
stradone della Piazza, commissionò ad un architetto
palermitano. che aveva progettato e costruito la Villa S.
Cataldo di Bagheria, il progetto del nuovo
palazzo-castello, a cui fu dato lo stesso stile neogotico
della Villa di Bagheria.
Tra i personaggi, che diedero lustro al paese, ricordiamo:
Giuseppe Alessi (1905-vivente) studiò a Caltanissetta e a
Palermo dove si laureò in Giurisprudenza col massimo dei
voti. Su consiglio di Aldisio, si dedicò alla libera
professione. È un avvocato di chiara fama nazionale e un
ottimo oratore. Fondò e diresse nel 1943 il foglio
"L’Unità". Nell’aprile del 1947 fu eletto deputato all’
Assemblea Regionale Siciliana e presidente del gruppo dei
deputati regionali della DC. Nel maggio dello stesso anno
fu chiamato alla Presidenza della Regione, carica da cui
si dimise il 10 gennaio 1949. Fu in seguito senatore della
Repubblica. È autore di numerose monografie sui problemi
sociali e su argomenti di attualità. Ha ricoperto la
carica di presidente dell’istituto della Enciclopedia
Italiana fondata da G. Treccani.
Giuseppe Amico Medico (1806-Caltanissetta 1886). Compiuti
gli studi a Girgenti, si recò a Palermo dove si laureò in
legge. Vice presidente del Comitato di difesa e di
sicurezza pubblica. studioso di diritto e di filosofia,
rappresentò il Comune al Parlamento siciliano nell'1848.
Fece parte del Consiglio provinciale di Caltanissetta che
più volte presiedette, occupò uno dei posti più importanti
del Foro nisseno e diresse il Consiglio dell’Ordine.
Scrisse pregevoli monografie. Pubblicò nel 1860 una storia
di San Cataldo con il titolo: "La Comune di San Cataldo",
più volte ristampata.
Egidio Amico Roxas (1880-1947).Giovanissimo frequentò
l’istituto di Belle Arti di Palermo e quello di Roma. Di
animo piuttosto mite fu aperto alla contemplazione del
bello. Dipinse l’aspetto sereno della natura. Ricevette
numerosi riconoscimenti. Nella Biblioteca Comunale sono
custodite, in una bacheca fatta costruire appositamente,
tre ritratti, due diplomi e una medaglia d’oro del nostro
pittore.
Marianna Amico Roxas (1883-1947), figlia di un ricco
proprietario terriero, si distinse per la sua umiltà e
bontà d’animo. Nel 1912 fu chiamata a guidare la Compagnia
di S. Orsola delle figlie di S. Angela Merici della
diocesi di Caltanissetta. In seguito fondò e diresse
quella dell’Arcidiocesi di Catania. Si spense in odore di
santità.
Salvatore Arcarese (1895-1968) uomo di cultura. ancora
studente liceale. fu attratto dall’idealismo crociano e
dalla filosofia gentiliana e quando, tra i due grandi
pensatori si deteriorarono i rapporti per le differenti
posizioni filosofiche, seguì l’idealismo del Gentile. Di
animo generoso e franco si dedicò alla sua professione di
avvocato con passione e molto impegno cercando di aiutare
i meno abbienti patrocinandone le cause anche
gratuitamente. Dopo un paziente lavoro di ricerca, scrisse
una storia del nostro paese che fu pubblicata postuma con
il titolo di "San Cataldo e Sancataldesi" per i tipi della
Editrice Nocera.
Nicolò Asaro (1920-1973) laureatosi a Palermo in
Matematica e Fisica, fu per anni professore ordinario di
scuola media e per qualche tempo anche preside incaricato,
fino a quando nel 1963 fu eletto senatore della Repubblica
nelle liste del Partito Socialista Italiano.
Arcangelo Baglio (1853-1904) fu una singolare figura di
gentiluomo e diplomatico. Si laureò in legge a soli 18
anni: dopo tre anni si recò a Vienna come segretario di
legazione. Fu buon conoscitore di scienza, filosofia,
fisica, meccanica, medicina. Parlava correttamente il
tedesco, il francese, lo spagnolo, il greco. l’arabo, il
turco e il sanscrito. Fece subito carriera. Da Vienna,
dove dimorò per circa due anni, si recò a Madrid (si era
sposato da poco). poi a Costantinopoli e infine a
Copenaghen. Al suo ritorno, vinto dal dolore per la morte
di tre dei suoi figli, si ritirò a vita privata e dedicò
la sua esistenza alla beneficenza e soprattutto alle
colonie alpine per fanciulli gracili.
Peppino Bellomo (1884- Paterson 1958), fin da bambino,
interrotti gli studi, aiutò il padre nel mestiere di
calzolaio. Nel 1908 si recò in America a Paterson dove
trovò lavoro come disegnatore presso lo studio del cugino.
Studiò architettura presso una scuola serale di Paterson e
si laureò nel 1918. Nel 1919 si sposò con la cugina Grazia
De Rosa. Insigne architetto, eseguì parecchi progetti tra
cui ricordiamo:
l’istituto Maria Ausiliatrice di Haledon, la chiesa di San
Michele Arcangelo di Paterson. Scrisse anche delle poesie
che pubblicò con lo pseudonimo di Pippo Bello.
Arcangelo Cammarata (1901-1977) iniziò giovanissimo la sua
militanza cattolica. Si laureò in legge nel 1924
all’Università di Palermo, con una tesi su "Sindacalismo e
Stato". Ebbe rapporti anche con mons. G. B. Montini, il
futuro Paolo VI, con il quale fu, nel 1927, tra i primi
sottoscrittori dell’Editrice Studium. Allo sbarco degli
alleati nel 1943, fu nominato prefetto di Caltanissetta su
indicazione del vescovo Jacono. Tenne l’incarico per
qualche mese, ed ebbe poi la nomina a commissario
all’alimentazione in Sicilia. Aderì alla seconda
democrazia cristiana e nel 1946 fu il primo sindaco
democristiano di S. Cataldo. Godette della stima e della
fiducia del vescovo Jacono. Anche dopo la morte di quest
ultimo, continuò ad avere rapporti di piena fiducia con i
successori. Fino alla morte fu delegato del vescovo per
l’amministrazione dell’ Ospedale "M. Raimondi" di S.
Cataldo, carica che mantenne fino alla morte.
Nicolò Casale (1776-1820) fu lettore di teologia dogmatica
nel seminario di Agrigento, eccellente oratore e ottimo
medico. Nei suoi scritti si ammira un sentimento di
particolare attaccamento alla libertà del popolo
siciliano. Pubblicò nel 1814 le "Lettere di un Giudeo ad
un Neofita Cristiano". Ferdinando Il Re di Sicilia lo
aveva destinato ad alti uffici, quando ne apprese
l’immatura scomparsa.
Augusto Ferdinando Falzone (1886-1965), dopo aver compiuto
gli studi classici, fu insegnante di lingua italiana. A 19
anni pubblicò un libro di poesie dai titolo "Primizie".
Nei 1918 lavorò quale corrispondente di lingue estere
presso una ditta importatrice ed esportatrice. Nel 1928 fu
interprete per l’italiano, il francese, lo spagnolo,
l’inglese e il portoghese presso la Corte Generale di New
York.
Luigi Fascianella (1864-?), uomo dotato di notevole
ingegno e di vasta cultura, si interessò sin da giovane
dei complessi problemi dell’agricoltura. Fu il primo ad
introdurre nelle nostre campagne l’uso di fertilizzanti
vincendo la preconcetta diffidenza dei proprietari
terrieri contro ogni innovazione, organizzò leghe agricole
tra i mezzadri, i braccianti e i piccoli coltivatori
diretti per il miglioramento dei loro redditi di lavoro e
di produzione degli operatori in agricoltura. Lasciò
l’intera proprietà immobiliare alla Curia
Vescovile di Caltanissetta con la precisa destinazione di
fondare un Ente che promuovesse l’istituzione di un
orfanotrofio destinato agli orfani degli agricoltori da
avviare, mediante una speciale scuola tecnica di
agricoltura, alla sperimentazione pratica della conduzione
dei poderi e degli allevamenti zootecnici utilizzati
nell’agricoltura.
Mons. Pietro Galletti (1667-1757). dopo aver rinunciato al
principato di Fiumesalato e al marchesato di San Cataldo,
si dedicò al sacro ministero. Fu nominato parroco di S.
Antonio a Palermo, in seguito unico e supremo inquisitore
per la Sicilia. Fu vescovo di Patti e arcivescovo di
Catania. Ritornò a San Cataldo per consacrare la chiesa
dei Cappuccini (1738), la Chiesa Madre (1739) e la chiesa
di S. Giuseppe. Morì a Catania e fu sepolto nel transetto
est della Cattedrale.
Mons. Luigi Giamporcaro (1789-1854) fu chiamato da mons.
D’Agostino in Seminario come lettore di Sacra Scrittura e
direttore spirituale dei seminaristi. Fu eletto vescovo di
Lacedonia da Ferdinando Il. In seguito, per i suoi grandi
meriti, fu trasferito nella diocesi di Monopoli, dove
morì.
Mons. Salvatore Luzio (1870-Roma 1959), modello di virtù
sacerdotali, si distinse per la sua profonda conoscenza
del diritto canonico. Fu insegnante a Dublino di diritto
ecclesiastico. Dopo parecchi anni si recò a Roma dove
insegnò diritto canonico. Nel 1906 fu nominato cameriere
segreto del Papa. il pontefice Benedetto XV gli affidò una
missione estremamente delicata mirante a conciliare il
conflitto tra l’irredentismo irlandese e l’intransigenza
del governo inglese. Mons. Luzio prese contatto con il
capo degli irredentisti, De Valera, inducendolo a trattare
con spirito conciliante il gravissimo problema ed
ottenendo assicurazione che si sarebbe comportato con
elevato senso di responsabilità
Francesco Pignatone (1923-vivente) studiò a Caltanissetta
e poi a Palermo dove si laureò in lettere con una tesi
sulle tradizioni popolari di San Cataldo. Intrapresa la
carriera di insegnante l’abbandonò quasi subito. Cattolico
fervente, fu presidente diocesano della Gioventù Italiana
dell’Azione Cattolica. Eletto tra i primi alla Camera
nelle liste della DC., fu il più giovane deputato di San
Cataldo (aveva soltanto 25 anni).
Ernesto Vassallo (1875-Roma 1940) si laureò in legge
all’Università di Roma e si dedicò con successo alla
professione di avvocato, ma praticò anche il giornalismo,
specializzandosi in politica estera e coloniale. Quale
inviato speciale partecipò alla campagna libica.
assistette alla guerra balcanica inviando corrispondenze
di apprezzato valore. Durante la grande guerra prestò
servizio come ufficiale. Deputato per tre legislature, fu
sottosegretario agli esteri nel primo governo Mussolini.
Fece anche parte della Giunta Generale del Bilancio, della
quale fu vicepresidente. il primo marzo 1934 fu nominato
senatore.
San Cataldo può vantarsi di avere ospitato il Delegato
apostolico mons. Angelo Giuseppe Roncalli divenuto poi
papa Giovanni XXIII.
È sancataldese la più brava d’Italia. Gabriella Sardo,
figlia di un imprenditore sancataldese (è nata il 4-1-1973
a Chivasso, in provincia di Torino, dove il padre si era
trasferito per lavoro). ma da bambina residente sempre a
San Cataldo. ha frequentato le scuole medie ottenendo
ottimi risultati. Nel 1992 si è diplomata presso il Liceo
Classico di Caltanissetta con il massimo dei voti.
Segnalata dalla preside del suo istituto, nello stesso
anno le è stato Luigi Scalfaro, il titolo di "Alfiere del
Lavoro" assieme ad altri ventiquattro studenti segnalati
in tutta l’Italia. Gabriella Sardo ha ricevuto, sempre in
quell’occasione, anche il premio "Angiola Maria
Migliavacca Domenico Garavoglia". Laureatasi con 110 e
lode in Lettere Classiche. presso l’Università di Palermo,
insegna ora lingua e letteratura italiana e latina nelle
scuole superiori.
L’economia del comune di San Cataldo si basa
essenzialmente sull’agricoltura, estesa alla zootecnia e
all’avicoltura, a cui fanno capo iniziative che aprono la
via ad altre attività, come la produzione di diversi tipi
di mangime. l’assistenza tecnico-sanitaria degli
allevamenti, i trasporti organizzati, la trasformazione
dei prodotti. la produzione di attrezzature agricole e su
un artigianato in forte espansione.
Negli ultimi quarant’anni a San Cataldo sono state prese
iniziative economiche da gruppi che producono manufatti in
cemento amianto e cloruro polivinile rigido. Negli ultimi
venti anni è storta la Editrice Nocera, il cui apporto
fondamentale è stato quello di stimolare ricerche e
interessi culturali, distinguendosi per le sue
interessanti pubblicazioni. Opera a livello regionale e
nazionale. Un impulso vitale ha avuto in questi ultimi
anni il settore del commercio, anche se agli inizi di
questo secolo non mancarono iniziative promozionali di
industrializzazione dei prodotti del suolo. Infatti, nel
1912, sorsero due stabilimenti industriali:
"La Grazia" che produceva semola e "La Mercede" che
produceva pasta.
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