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STEFANO D'ARRIGO

il territorio
I Parchi Letterari Horcynus Orca rappresentano il punto d'incontro di molteplici esperienze culturali, un'officina di saperi in cui si combinano i segni del passato con le sfide del futuro.
A partire dalle suggestioni e dalle indicazioni del testo letterario si costruiscono e intrecciano, come in un ipertesto reale, percorsi tra mondi, culture e linguaggi diversi.

Lo spazio fisico de I Parchi Letterari Horcynus Orca è tra lo Scill'e Cariddi, il topos del romanzo di Stefano D'arrigo, mentre il suo scenario abbraccia tutta l'area dello Stretto,la piana di Gioia Tauro, le Isole Eolie, l'Etna.
In questo spazio sono localizzati i siti multimediali, gli approdi delle feluche e delle imbarcazioni per gli itinerari sullo Stretto; in questo spazio sono concentrate le apparecchiature tecnologiche che consentiranno sia di studiare i fenomeni caotici dello Stretto, sia di penetrare con lo sguardo le profondità marine, punto d'incontro tra Ionio e Tirreno.

I Parchi Letterari Horcynus Orca ripropongono e proseguono nella sua molteplicità disciplinare, nelle sue metodologia di ricerca e laboratorio, l'architettura complessa del romanzo da cui prende il nome e rappresentano l'opportunità di ripensare criticamente l'identità culturale dello Stretto come identità composita da inventare mentre la si scopre.
i luoghi
Il sole tramontò quattro volte sul suo viaggio e alla fine del quarto giorno, che era il quattro di ottobre del millenovecentoquarantatre, il marinaio, nocchiero semplice delle fu regia Marina 'Ndrja Cambrìa arrivò al paese delle Femmine, sui mari dello scill'e cariddi. ( S.D'Arrigo, Horcynus Orca, Mondadori, 1975, pag.7).



Si apre così il labirinto del viaggio e del ritorno di 'Ndrja Cambrìa alla sua terra, a Cariddi, nell'autunno del 1943. 'Ndrja percorre a piedi, cercando il modo di raggiungere la Sicilia, una Calabria devastata, che si popola via via, di figure come lui sbandate dalla guerra. Grazie a una di queste, Ciccina Circé, riesce ad attraversare lo Stretto. Ma quanto troverà, approdando a Cariddi, è tutt'altro dall'ambiente e dalla comunità che ha lasciato andando in guerra; ognuno e ogni cosa è stato segnato o travolto dalla miseria e dal degrado.

Si corrompono i codici della terra e del mare, si stravolgono i comportamenti di gente fiera costretta a una sopravvivenza meschina patteggiata con la Morte che assume la forma dell'Orca agonizzante in un mare che sembra fare di ogni creatura viva forza di dissoluzione.

La costruzione di una palamitara, che permetta ai pescatori di tornare al loro onesto mestieruzzo, piuttosto che arrangiarsi con la speculazione, un tempo inconcepibile, sul commercio del pescebestino , è l'estremo tentativo di 'Ndrja di trovare ancora il suo mondo. Per guadagnare le mille lire da dare in anticipo al maestro d'ascia, 'Ndrja accetterà di partecipare alla sua ultima vogata.


La lancia saliva verso lo scill'e cariddi, fra i sospiri rotti e il dolidoli degli sbarbatelli, come in un mare di lagrime fatto e disfatto a ogni colpo di remo, dentro, più dentro dove il mare è mare.



Complessivamente lo Stretto di Messina si estende su una superficie di circa 200 Kmq ed ha la forma approssimata di un trapezio irregolare.
Dall'accesso settentrionale tirrenico, tendente a nord-est, si allarga a sud nel bacino principale verso lo Ionio, dopo aver disegnato curve analoghe, quasi identiche, sulle due sponde.
Il termine Stretto deriva dalla ridotta distanza fra le due regioni in corrispondenza di Capo Peloro, in Sicilia, e Punta Pezzo, in Calabria: solo 2,9 Km.

All'estremo meridionale la distanza tra le due coste aumenta fino a 20 Km tra Capo d'Alì, in Sicilia e Capo d'Armi, in Calabria.

Presso Capo Peloro si trovano gli edifici principali della sede siciliana del Parco: il forte antico conosciuto come Torre degli Inglesi (o Torre di Capo Peloro) e il centro direzionale.

Sul versante calabro, la sede del Parco occupa i locali dell'ex-stazione ferroviaria del Comune di Scilla, di fronte, in linea d'aria, a Capo Peloro.

Il territorio da Capo Peloro, fino ad inglobare Ganzirri e parte della riviera, è sottoposto a vincolo di protezione a tutela delle bellezze naturali presenti (Legge n.1497 del 1939) .
Fino al momento della costruzione dell'elettrodotto ENEL le torri fortificate e la torre del Faro erano gli unici edifici a spiccare in mezzo alla monotonia delle case del borgo di Ganzirri e Torre Faro. La presenza del "pilone" ENEL ha alterato tutti i rapporti dimensionali divenendo segno emergente, fuori scala rispetto al tessuto edilizio e alle sue antiche presenze verticali, ma trovando, al contempo, un diretto rapporto di scala con il paesaggio.

L'interesse scientifico che riveste l'ecosistema dello Stretto è altissimo, da molteplici punti di vista, ed impegna costantemente ricercatori, biologi, fisici, naturalisti.

La forza e la particolarità di tale contesto stanno prevalentemente nei suoi legami con l'ambiente locale ed esterno.

Lo Stretto ed il suo territorio si sono sempre caratterizzati per le relazioni intense e continue fra le due sponde, intrecciate alle profonde interazioni tra le dimensioni ecologica, morfologica e sociale. Le acque dello Stretto, il mare del Tirreno e il mare dello Ionio e il lento degradare del sistema montuoso-collinare disegnano l'estremità nord orientale della Sicilia, costituita da terreni di natura alluvionale, di estremo interesse ambientale proprio per il rapporto fisico, fisico-chimico e geografico che si instaura tra l'acqua e il suolo.

La formazione originaria dello Stretto di Messina può farsi risalire al periodo in cui, oltre due milioni di anni fa, si registrò il distacco della Sicilia dalla penisola italiana, con l'emergere del rilievo calabro.
Geologicamente, a profondità elevate, è il punto d'incontro fra la placca egea e la placca adriatica, in zona di subduzione ed attività vulcanica.
la vita
Da una lettura continuata se ne esce come tramortiti: per lo spessore del volume , ma anche perché trascinati dall' ossessione dello scrittore intorno a temi e figure cresciuti a prezzo di una inesausta fedeltà, da un respiro epico che riesce a liberarsi possente oltre le stagnazioni e gli indugi di una materia troppo amata. Ma una prima considerazione s'impone, ed è lo stupore dinanzi a un libro in cui la letteratura assume il valore di un'esperienza assoluta, totalizzante.

Stefano D'Arrigo nasce il 15 ottobre del 1919 ad Alì Terme, cittadina sul versante ionico dello Stretto di Messina. Trascorre l'infanzia tra il paese natale e Milazzo, ove si trasferisce nel 1929. Frequenta il liceo classico e, durante la guerra, viene chiamato ad assolvere servizio in Veneto da dove viene poi trasferito in Sicilia.
Nel 1942 si laurea in Lettere all'Università di Messina, con una tesi sul poeta tedesco Friedrich Holderlin.
Nel 1946 si trasferisce a Roma insieme alla moglie Jutta. Lavora per un breve periodo al "Tempo" e al "Giornale d'Italia", si occupa di critica d'arte e collabora a "Vie Nuove".
Nel 1950 inizia la stesura del romanzo che lo renderà famoso e che lo occuperà per oltre un ventennio.
Nel 1957 pubblica la raccolta di versi "Codice siciliano", testo che va letto come il lontano principio dell'Horcynus.
Nel 1960 esce sul numero 3 del "Menabò" di Vittorini e Calvino il primo nucleo del romanzo: due capitoli con il titolo "I giorni della fera". Sembra il preludio di un romanzo che di lì a poco sarebbe stato pubblicato, ed invece, dopo averne completato la struttura narrativa, D'Arrigo inizia un certosino lavoro linguistico, apportando continue correzioni e varianti per oltre 20 anni.
Nel 1975 presso Mondatori esce Horcynus Orca. Diversi e importanti editori all'estero ne acquisiscono i diritti ma le difficoltà legate all'originalità del linguaggio di D'Arrigo fanno sì che, ad oggi, esistano solo traduzioni parziali presentate in opere antologiche.
Nel 1982 l'Horcynus Orca viene ristampato negli Oscar Mondatori.
Nel 1985 esce il romanzo "La Cima delle nobildonne".
Nel 1992, il 2 maggio, D'Arrigo muore a Roma.
Nel 2000 è stato pubblicato da Rizzoli "I fatti della fera", prima stesura del testo che D'Arrigo continuerà a correggere tra il 1961 e il 1975 e che poi diventerà Horcynus Orca.
 

Fonte http://www.parchiletterari.com/vittorini/ Tutti i diritti riservati

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